Uzeda festeggia i suoi 30 anni di attività con gli amici di sempre, musicisti del calibro di Shellac, Black heart procession, The Ex, June of 44 ed insieme ad un pubblico fedele, che tanto deve alla band catanese.
Non un semplice festival, dunque, ma un evento da ricordare e condividere.
Bisogna partire dalla fine per comprendere a fondo la portata di questa due-giorni commemorativa, dai versi con cui i June of 44 aprono il loro set: “This is the greatest place on earth”.
Questo è davvero il miglior posto sulla Terra e lo è anche grazie ai valori di indipendenza artistica e libertà espressiva che gli Uzeda hanno saputo mantenere e legare alla propria terra, scegliendo di rimanere e valorizzare la Sicilia, isola dalle mille contraddizioni e difficoltà, ma sempre pronta a risvegliarsi condensando le più svariate culture.
Così come la monumentale porta della città di Catania, fonte di ispirazione per il nome del gruppo, mette in comunicazione il cuore pulsante della pescheria, dove l’affermazione esistenziale passa attraverso grida sfacciate, con la solida architettura barocca, imponente ed imperitura, simbolo della ricostruzione dopo i disastrosi eventi naturali del ‘600 e di una popolazione capace di rigenerarsi sempre meglio dalle proprie ceneri, allo stesso modo questi artisti eccezionali sono riusciti ad esportare il proprio linguaggio universale in giro per il mondo mantenendo il rispetto e la riverenza per il proprio territorio.
Uzeda è, dunque, il traghetto naturale tra mondi separati da grandi oceani ma che possono incontrarsi facilmente nel nome della Musica. Uzeda è il cambio di prospettiva e la chiave di lettura aliena agli schemi a cui coattamente ci hanno abituati.
Alfieri del rock indipendente, come concetto e finalità, in quanto liberi dalle logiche del marketing e seguaci esclusivi dei propri ritmi congeniti ed umorali, gli Uzeda hanno cambiato la vita di ciascuno di noi: musicisti, amatori o semplici curiosi, trascinando con la loro passione intere generazioni ad esplorare la propria individualità attraverso l’arte; e la gratitudine espressa dal pubblico e dagli interventi dei musicisti susseguitisi in questi due giorni ne è la prova tangibile.
Steve Albini li definisce “The perfect band”, la famiglia ritrovata dall’altro capo del mondo, esprimendo con i suoi tipici aneddoti goliardici il rispetto verso questi amici. Immaginando Agostino Tilotta in TV insieme al Papa chi non chiederebbe “Who is the man next to Agostino?”.
Sean Meadow si avventura persino in un coraggioso discorso in lingua italiana, tra metafore marine e flussi senza pause, per esprimere quanto gli Uzeda abbiano influenzato il modo di suonare e percepire la musica attraverso il contagio inter-culturale di una band così importante come gli stessi June of 44.
Superfluo sarebbe descrivere le vibrazioni che si sono alternate sul palco nel corso delle varie performance.
Gli Uzeda hanno avuto il piacere e l’onore, presentandosi come ospitanti di questa grande festa, di aprire entrambe le serate con la loro energia travolgente, giocando con gli strumenti ed interagendo con il pubblico in un clima di totale serenità e gioia: siamo a casa, non c’è competizione, ma solo divertimento e stima reciproca.
Ed è in questa atmosfera distesa e rilassata che si passa dalle complesse ritmiche matematiche dei Three second kiss, all’intimità dei Black heart procession fino allo sfogo convulsivo finale degli Shellac, che improvviseranno una inedita The end of the radio, omaggiando simpaticamente il dialetto siciliano.
Il sabato successivo si alterneranno sul palco ancora una volta il figlio d’arte di casa Tilotta con la stravaganza degli Stash raiders, lo stile accurato e distinto di Tapso II che sfocerà del tutto spontaneamente nel tanto atteso ritorno dello storico collettivo americano dei June of 44, fino alle dissonanze primitive ed irruente dei The Ex, baluardi dell’anarchia militante e perfetti emblemi del significante alla base di questo evento.
Difficile raccontare, dunque, ai non presenti le emozioni e di questa ennesima magnifica avventura, intima liberatoria, a tratti nostalgica ma piena di fiducia e riconoscenza.
Dopo 30 anni possiamo quindi ancora dire: grazie Uzeda.
Written by Lando Losi
Photo by Scattomancino © 2018
Video by SuccoAcidoTv © 2018